
Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la nuova versione del regolamento noto come “Chat Control”, un pacchetto normativo pensato per contrastare la diffusione di materiale pedopornografico e tutelare i minori online. Il testo aggiornato introduce la possibilità, per piattaforme e servizi digitali, di attivare la scansione volontaria dei messaggi privati per identificare potenziali contenuti illegali. Una misura che, secondo i promotori, aumenterebbe gli strumenti a disposizione delle autorità per intervenire tempestivamente su casi di abuso.
La proposta, tuttavia, continua a sollevare dubbi e critiche da parte di attivisti e esperti di privacy. Tra le voci più critiche spicca quella di Patrick Breyer, ex eurodeputato e membro del Partito Pirata, che considera il regolamento un pericoloso precedente. Secondo Breyer, l’introduzione della scansione—even se definita “volontaria”—creerebbe l’infrastruttura necessaria a uno scenario di sorveglianza di massa, rendendo più facile in futuro estendere il controllo ai contenuti di tutti gli utenti.
Uno dei punti più controversi è però la fine delle comunicazioni anonime. Il regolamento introduce l’obbligo di verificare l’età per accedere a servizi come email, piattaforme di messaggistica, social network e app con funzioni di chat. Gli utenti dovranno confermare la propria identità caricando un documento ufficiale o tramite sistemi di riconoscimento facciale. Diversi specialisti sottolineano che non esiste un metodo di verifica realmente sicuro e rispettoso della privacy: i fornitori saranno comunque costretti a raccogliere dati sensibili, con il rischio di violazioni, abusi o utilizzi impropri.
Un’ulteriore misura introduce il divieto per i minori di 17 anni di utilizzare applicazioni o videogiochi che includono chat o sistemi di comunicazione integrati. Una norma che potrebbe modificare radicalmente il mercato dell’intrattenimento digitale, costringendo sviluppatori e piattaforme a ripensare molte delle funzionalità oggi considerate standard.
Il regolamento, ora in attesa dei passaggi successivi, continua a dividere l’opinione pubblica tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti digitali.