
Un numero crescente di adolescenti sceglie l’intelligenza artificiale come interlocutore privilegiato per chiedere aiuto, confermando un cambiamento profondo nelle modalità di relazione e ricerca di supporto. Secondo un recente sondaggio, il 41% dei giovani utilizza strumenti basati su IA per ottenere consigli, sfogarsi o affrontare momenti di incertezza. Le ragioni principali riguardano la possibilità di rimanere anonimi, la disponibilità immediata e l’assenza di giudizio percepita nei chatbot.
Molti ragazzi raccontano che rivolgersi a un assistente digitale permette loro di esprimere preoccupazioni che faticherebbero a condividere con genitori o insegnanti. L’IA viene vista come uno spazio sicuro dove porre domande delicate, soprattutto su temi emotivi, scolastici o relazionali. Tuttavia, gli esperti sottolineano che questa tendenza, pur comprensibile, presenta dei limiti: i sistemi di IA non possiedono la sensibilità umana, non colgono sfumature emotive complesse e non possono offrire un sostegno psicologico completo.
Psicologi e pedagogisti invitano quindi a considerare l’IA come uno strumento integrativo, non sostitutivo. Se da un lato può facilitare un primo passo verso la richiesta d’aiuto, dall’altro è fondamentale che i giovani mantengano un dialogo aperto con figure adulte di riferimento. La sfida dei prossimi anni sarà trovare un equilibrio tra tecnologia e relazioni umane, affinché l’uso dell’IA diventi un’opportunità e non un ostacolo alla comunicazione autentica.